L’anatocismo bancario è regolamentato dall’art.1283 del codice civile, il quale afferma che:
“In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.
In sostanza la legge vieta di calcolare interessi debitori su una base comprensiva di ulteriori interessi.
Proprio il termine anatocismo, nella sua etimologia, considera questa azione di “calcolo degli interessi su interessi”. Difatti la sua origine viene dal greco anà (di nuovo) e tokòs (interesse).
La grossa problematica dell’anatocismo bancario sta nella capitalizzazione degli interessi che il cliente deve alla banca.
In pratica, l’istituto in questione non applica gli interessi debitori basandosi solo sul capitale dovuto, ma lo fa sommando questo capitale agli interessi fin qui maturati!
Di conseguenza il rischio è quello di ritrovarci a dover pagare interessi non dovuti, calcolati basandoci anche su interessi già scaduti o computati.
Il risultato è una potenziale crescita esponenziale del debito, cosa che può diventare molto problematica, soprattutto se il tasso di interesse risulta essere elevato.
L’anatocismo bancario può manifestarsi nel caso in cui un correntista presenti un ammanco di liquidità temporaneo nel proprio conto, dovuto a una spesa improvvisa, o per altre motivazioni.
In una situazione simile, il correntista si dice che presenta uno scoperto sul conto corrente, e per ripianare temporaneamente tale ammanco può richiedere alla banca un aiuto concreto.
Se la banca ci concede una somma per ripianare questo ammanco, essa andrà in seguito a produrre degli interessi, un corrispettivo che l’istituto percepisce come compenso per averci concesso l’affidamento di denaro e aver, così, colmato lo scoperto.
Questi interessi che maturano rappresentano a tutti gli effetti un costo, e sono definiti con il nome di interessi passivi.
L’anatocismo bancario, in questo caso, si crea nel momento in cui questi interessi vanno a sommarsi al capitale prestato, portando così alla maturazione di interessi ulteriori e NON DOVUTI.
Parliamo dei cosiddetti interessi anatocistici o interessi su interessi.
Per interessi anatocistici ci riferiamo a una condizione di “interessi su interessi”, ossia una somma inedita e ulteriore rispetto alla formula stabilita, in cui gli interessi originari vengono a loro volta vengono capitalizzati in modo da poter produrne di nuovi.
Gli interessi anatocistici si sviluppano in tre diverse tipologie: quelli legali, quelli convenzionali e quelli usuali.
I legali vengono regolati dall’articolo 1283 del codice civile, da cui si evince che la loro decorrenza inizia alla domanda di interessi scaduti (e, chiaramente, dovuti) da un periodo minimo di sei mesi.
Quelli convenzionali sono quelli determinati da un preciso accordo tra le parti (convenzione), il cui presupposto è anche in questo caso la decorrenza successiva alla produzione degli interessi stessi, che devono essere scaduti da almeno sei mesi.
L’accordo deve essere sancito da un documento scritto e firmato.
Parliamo invece di interessi usuali quando prendiamo in esame gli interessi già previsti dall’articolo 1283, isolando però e facendo salvi quelli previsti dagli usi normativi.
Nella fattispecie ci riferiamo a quei comportamenti ridondanti avvalorati dalla convinzione che si tratti di obblighi giuridici.
Generalmente un accordo finanziario su base prestito, fideiussione o similari ha come presupposto una forma di capitalizzazione trimestrale, ossia la “chiusura” del saldo di conto corrente per verifica e ricalcolo.
Nello scenario anatocistico alla chiusura trimestrale corrisponde appunto una capitalizzazione degli interessi maturati, che andrà dunque a incrementare il capitale di base sul quale, al trimestre successivo, andranno a maturarsi nuovi interessi.
In uno scenario privo di ipotesi anatocistica una rata da 2.000 € con tasso 10% avrebbe questo comportamento:
Interesse/trimestre – (2.000,00 x 3 x 10)/1200 = 50,00 €.
Questo significa che al termine del trimestre l’interesse sarà sempre pari importo, ossia 50,00 € senza variazioni.
In caso di presenza di interessi anatocistici, invece, il comportamento diventa il seguente:
Primo trimestre – (2.000,00 x 3 x 10)/1200 = 50,00 €
Secondo trimestre – [(2.000,00 + 50,00) x 3 x 10]/1200 = 51,25 €
Terzo trimestre – [(2.000,00 + 51,25) x 3 x 10]/1200 = 52,53 €
E così via. È chiaro che in questo scenario il valore degli interessi anatocistici diventa incrementale.
La soglia di incremento talvolta è talmente bassa che può non essere semplice riconoscerne gli estremi.
Questo, soprattutto se sulla rata insistono periodicamente altre spese conclamate che rendono meno “visibili” gli aumenti strettamente legati all’anatocismo.
Partiamo dal presupposto che la giurisprudenza nazionale per lungo tempo ha ammesso la validità degli interessi anatocistici, proprio perché riferibili ai già citati usi normativi.
In seguito, tuttavia, sono occorse alcune nuove indicazioni di natura legislativa, assieme a precise sentenze in tribunale, che hanno via via modificato l’intendimento giudiziario e quindi la prassi legale rispetto all’anatocismo bancario.
Il principio sul quale oggi gli interessi anatocistici sono il più delle volte ritenuti nulli e dunque rimborsabili è l’uso negoziale.
Questo stabilisce l’applicazione dell’interesse in luogo dell’uso normativo.
Si osserva infatti che il cliente sottoscrivesse il contratto con tali norme non per la loro riconosciuta conformità, bensì poiché imposte dagli enti bancari nell’ambito delle condizioni generali, la cui adesione è necessaria anche perché usufruire dei più elementari servizi bancari.
Ad oggi il correntista che ha avuto o ha a che fare con uno scenario di anatocismo che insiste, ad esempio, sul proprio conto corrente, può:
In tal senso è fondamentale potersi avvalere di un consulente professionale nell’ambito dell’analisi di eventuali interessi anatocistici.
Andiamo adesso ad analizzare nella pratica quando gli interessi addebitati risultano illegittimi.
Nei conti correnti risultano spesso capitalizzati illegittimamente gli interessi in alcuni periodi, in particolare:
Qualora si disponesse dei movimenti relativi a pari periodi sarebbe opportuno far analizzare il potenziale caso di anatocismo su conto corrente ad un esperto, per comprendere se sia possibile effettuare delle contestazioni in merito e vedersi quindi restituire delle somme illegittimamente addebitate.
Per comprendere meglio il tema dell’ anatocismo nei conti correnti, vi consigliamo di guardare questo estratto dal corso sulle perizie tecniche nei conti correnti, realizzato dal Dr. Giuseppe Cappuccio.
L’anatocismo su mutuo risulta difficilmente dimostrabile.
Numerosi però sono stati i matematici e numerose le sentenze che hanno individuato l’applicazione della capitalizzazione degli interessi nei mutui ad ammortamento c.d. “alla francese”.
Tali tipologie di mutui costituiscono la maggioranza dei mutui stipulati dalle banche con la clientela in Italia.
Qualora si fosse stipulato un mutuo, sarebbe opportuno inviarlo ad un esperto per un’analisi approfondita.
Quando si parla di “recupero anatocismo” si va proprio ad intendere il recuperare queste somme non dovute che ci sono state addebitate sotto forma di interesse passive.
Con il recupero degli interessi anatocistici si attesa che vi è stata nella pratica una scorrettezza conclamata, che può dar luogo a un risarcimento.
Per quanto annose, le problematiche legate all’anatocismo sono risolvibili e il recupero degli interessi anatocistici è dunque possibile.
Questo, a patto di muoversi nella direzione giusta e guidati da un consulente esperto in anatocismo bancario.
In primo luogo, è necessario affidarsi a un referente competente, e questo è il caso dello Studio Cappuccio.
Il caso di eventuale recupero anatocismo, viene pre-analizzato attraverso una consulenza gratuita (in fondo puoi lasciare i tuoi dati per prenotare la tua consulenza senza impegno).
Durante la fase di pre–analisi si effettuerà un primo check del contratto bancario per individuare anzitutto la natura del problema:
In una fase più avanzata dell’analisi del conto corrente si andranno a verificare con esattezza le difformità e l’ammontare delle somme non dovute.
Questo al fine di procedere poi, tramite vie giudiziali o stragiudiziali, con il recupero degli importi o con il sollevamento del correntista dal pagamento di quanto non dovuto.
Come abbiamo visto, parlando di queste forme di anatocismo su interessi passivi, sono varie le principali criticità riscontrabili nella maggioranza dei rapporti finanziari intrattenuti con le banche.
Appare opportuno evidenziare però come la giurisprudenza risulti in continuo mutamento sul tema.
Malgrado la matematica non lasci scampo ad equivoci, da un punto di vista giuridico la tematica risulta affrontata in diversi modi.
Affidarsi a professionisti seri, come il team di Studio Cappuccio, esperti in:
consente di valutare oggettivamente le criticità del proprio rapporto contrattuale, è fondamentale al fine di non vedersi riconosciuta la contestazione.
Se desideri ricevere una consulenza personalizzata da parte del nostro Studio di Roma su eventuali casi di anatocismo bancario, è sufficiente scriverci qui sotto, in questo form di contatto!