Sulla questione dell’onere della prova, il Giudice ritiene di “…dover aderire all’orientamento maggioritario che ritiene ammissibile, nel contesto di verifica dell’esistenza di rimesse solutorie e/o ripristinatorie, anche un affidamento di fatto. Invero, l’art. 117 T.u.b. prescrive che i contratti bancari debbano avere forma scritta (…) stabilendo che nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. Tuttavia, l’art. 127 comma 2 T.u.b. stabilisce che le nullità previste (…) operano soltanto a vantaggio del cliente. Ne consegue che, una volta accertata la sussistenza di un contratto di apertura di credito tra le parti, la Banca non può far valere a suo vantaggio la nullità per mancanza della forma scritta…”
Inoltre, il Giudice richiama il principio di diritto secondo cui “…per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento. L’eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione…”
Di conseguenza, “…non è corretto ritenere che nel procedere alla rideterminazione del saldo del conto corrente ed alla individuazione delle rimesse solutorie, si debbano mantenere le indebite annotazioni effettuate dallo stesso Istituto di credito…”
Tribunale di Pistoia, 19 ottobre 2023 (Giudice Dott.ssa E. Piccinni).