Introduciamo, adesso, l’approfondimento relativo alla capitalizzazione semplice e alla capitalizzazione composta.
Sottoscrivere un prestito o un mutuo stipulando un contratto con un ente finanziario, ma anche l’eventuale investimento di denaro in un’operazione speculativa, implica l’applicazione di un tasso di interesse (attivo oppure passivo):
Tale interesse è l’ovvio adeguamento delle transazioni finanziarie al principio di fruttuosità dei capitali.
Il loro ammontare, quindi il tasso applicato, viene invece determinato sulla base di specifici parametri.
Nel dettaglio, l’ammontare del tasso d’interesse verrà determinato in base al sistema scelto, quello di capitalizzazione semplice o quello di capitalizzazione composta.
Il sistema di capitalizzazione semplice è una metodologia di applicazione degli interessi cosiddetta “lineare”, ove il tasso è definito all’atto della stipula dell’accordo o del deposito dell’investimento.
Non sono previsti a riguardo frutti diversi da quelli previsti nel tasso di interessi definito.
Se ipotizziamo un determinato tasso di interesse annuo, per esempio del 5%, tale parametro verrà applicato al capitale iniziale ogni anno in maniera conforme e, dunque, ripetuta.
In altre parole per ottenere l’ammontare degli interessi in un sistema di capitalizzazione semplice basterà sommare la quota interessi applicata ogni anno al capitale iniziale.
Questo, al fine di ottenere il capitale finale da restituire (o maturato, nel caso di investimenti) chiamato anche “montante”.
Da un punto di vista matematico la formula per calcolare un importo strutturato in capitalizzazione semplice si espleta con la seguente procedura: Mt = C0× (1+rt×t).
Tale formula prevede che:
Partendo da questo, calcolando un tasso di interesse del 10% annuo su un prestito decennale, ipotizziamo, di 1.000 euro, in termini di capitalizzazione semplice:
A differenza del sistema di capitalizzazione semplice, quello a capitalizzazione composta prevede che i redditi sviluppati al termine di ogni singolo periodo (per esempio, su base annua) si sommino al capitale iniziale.
Verranno poi reinvestiti per sommarsi e costituire il nuovo capitale, sul quale poi verranno calcolati i nuovi interessi che saranno quindi maggiori dei precedenti.
Da un punto di vista matematico cambia quindi anche la formula, che diventa Mt = C0 x (1+rc)^t.
A cambiare è essenzialmente il montante finale, che è costituita dal capitale iniziale più l’ammontare del tasso d’interesse relativo al primo periodo.
A quest’ultimo si sommerà il il tasso di interesse del periodo successivo e così via fino al termine naturale dell’accordo.
Tornando all’esempio precedente, immaginiamo un accordo di prestito di 1.000 euro su base decennale con un tasso d’interesse annuo del 10%.
Anche in questo caso il montante al primo anno sarà 1.100 euro ma:
Sebbene si tratti di due sistemi molto diversi, non è semplice definire quale sia quello più conveniente per chi stipula un contratto di mutuo oppure richiede un prestito.
In linea di principio la capitalizzazione semplice nel lungo periodo produce interessi inferiori, e quindi incide di meno sul montante finale da pagare o da incassare.
Vien da sé che la convenienza dipende quindi dalla posizione dell’interlocutore: in caso di richiesta di prestito la capitalizzazione semplice è più indicata.
In caso di deposito di una somma per investimento – come è ovvio – il sistema a capitalizzazione composta potrà essere preferibile.
Per qualunque dubbio sulla materia è conveniente affidarsi ad esperti del settore: il Dott. Giuseppe Cappuccio è lieto di rispondere ai vostri quesiti, contattatelo per avere informazioni o per richiedere un’analisi del mutuo.
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